
Azione sociale: agire riferito secondo il suo senso al comportamento di altri individui e orientato nel suo corso in base a questo. La società è fatta di individui che si influenzano reciprocamente agendo l’uno per, con e contro l’altro; per agire si deve intendere un fare con un riferimento cruciale al senso, al significato intenzionale che l’attore dà al proprio comportamento.
Con riferimento al senso Weber sviluppa una tipologia formale dell’azione sociale distinta in:
- Azioni razionali rispetto allo scopo: chi agisce valuta razionalmente i mezzi rispetto agli scopi che si propone, le conseguenze che possono derivarne e paragona i diversi scopi possibili e i loro rapporti.
- Azioni razionali rispetto al valore: chi agisce compie ciò che ritiene consono al dovere, alla dignità, a un principio svincolato dalle sue conseguenze, con una scelta consapevole e una valutazione di congruenza col valore in questione.
- Azioni determinate affettivamente: manifestazioni emozionali svincolate dalle conseguenze prevedibili, ma senza riferimento consapevole con l’affermazione di un valore, nascono piuttosto dall’espressione di un bisogno interno.
- Azioni tradizionali:semplici espressioni di abitudini acquisite ripetute senza pensare se esistano alternative e sul loro vero valore.
L’uomo, fino a prova contraria, si comporta in modo razionale in base alle sue risorse materiali e culturali.
Teorema di Thomas: una situazione definita dagli attori come reale, diventa reale nelle sue conseguenze.
Considerando due o più attori le unità elementari dell’azione sociale sono le interazioni e le relazioni sociali.
Relazione sociale: rapporto stabilito tra più attori sociali che orientano reciprocamente le proprie azioni. Possono essere stabili e profonde o superficiali e transitorie, spesso sono cooperative, volte a raggiungere fini compatibili, talvolta sono conflittuali, se vedono volontà diverse.
Interazione sociale: processo secondo il quale più persone in relazione tra loro agiscono in sequenza, reagendo alle azioni degli altri; con l’interazione si realizza, si riproduce e si cambia nel tempo il contenuto di una relazione.
Gruppo sociale: insieme di persone fra loro in interazione con continuità secondo schemi relativamente stabili, che si definiscono - e sono definiti come tali da altri – membri del gruppo. Non sono gruppi né le categorie sociali (giovani, immigrati) né le classi sociali (borghesi, operai), anche se questa appartenenza può essere la base per la formazione di un gruppo.
Esistono proprietà formali che riguardano l’interazione stabile e continuativa di più persone, quale che sia il contenuto di tale interazione. Questa può essere diretta, vis a vi, tipica di piccoli gruppi in cui la presenza fisica permette una comunicazione veloce ed elastica, oppure indiretta, più precisa, ma più lenta, fredda e rigida.
Diade è un gruppo di due persone che scompare se uno manca, è molto coinvolgente e non
permette impersonalità o stratagemmi.
Triade è un gruppo di tre persone in cui il terzo può essere un mediatore (che porta ad un accordo), un tertium gaudens (che approfitta delle divergenze altrui), un divisore (che intenzionalmente fa sorgere divergenze a proprio vantaggio).
Gruppi formali: insiemi che prevedono regole precise sui requisiti e procedure per l’ammissione e la permanenza.
Gruppo di riferimento: insieme al quale una persona non partecipa, ma di cui condivide fini e regole e a cui ambisce di partecipare.
Ruolo: insieme dei comportamenti prevedibili e attesi che in un gruppo tipicamente ci si aspetta da una persona che del gruppo fa parte. Specifico è un ruolo che riguarda un insieme di comportamenti limitato e precisato; diffuso un ruolo in cui i comportamenti attesi sono un insieme più ampio e meno definito.
Gruppo totalitario: insieme che impegna il comportamento di tutti o quasi i ruoli di un individuo; gruppo segmentale è invece quello che impegna solo uno o alcuni dei ruoli.
Gruppo primario: insieme di piccole dimensioni, con ruoli diffusi, contenuti affettivi molto personalizzati (famiglia).
Gruppo secondario: insieme di grandi dimensioni, con ruoli specifici, relazioni più fredde e specializzate (azienda).
Il ruolo è uno schema di comportamento che si impara e si tende a seguire; è uno schema per l’interazione, ma il contenuto di un’interazione non si può spiegare completamente nella definizione di un ruolo. Un ruolo è sempre interpretato da chi interagisce, c’è uno spazio discrezionale per comportamenti informali non previsti.
Norme sociali: regole di comportamento che ci si aspetta che siano seguite in determinate situazioni; possono essere giuridiche, emanate da autorità ufficiali e garantite dal potere giudiziario, sociali (spesso implicite) che possono generare reazioni positive o sanzioni più o meno forti secondo il loro valore, tecniche procedure semplici senza sanzioni, deontologiche legate a gruppi ristretti come gli ordini professionali.
Valori: sono orientamenti più astratti da cui discendono le norme stesse, riguardano i fini ultimi dell’azione relativi a ciò che riteniamo giusto, desiderabile, appropriato; indicano un dover essere al di là dell’essere, una tensione verso uno stato di cose ideale.
Valore universale è un valore condiviso tra gruppi diversi, cosa che non garantisce che venga interpretato in maniera conflittuale.
Valori e norme sono vincoli alla libertà, ma definiscono il campo delle opzioni tra le quali gli individui sono liberi di scegliere; l’assenza di norme o anomia porta alla perdita di punti di riferimento e induce disgregazione sociale con comportamenti sregolati.
Istituzioni: modelli di comportamento che in una determinata società sono dotati di cogenza normativa; ogni modello di comportamento può essere istituzionalizzato, se sorretto da un sistema di regole, e il suo grado può cambiare nel tempo.
La cultura, di cui norme, valori e istituzioni costituiscono il nucleo centrale, comprende gli artefatti, i beni, i processi tecnici, le idee, le abitudini e i valori che vengono trasmessi socialmente. E’ l’insieme di informazioni trasmesse mediante processi di apprendimento
attraverso la comunicazione e il linguaggio.
Potere: energia sociale di cui un attore dispone nel condizionare l’azione di un altro, è un fenomeno di relazione per ambiti di comportamento più o meno estesi. Per Weber è la possibilità di trovare obbedienza a un comando che abbia un determinato contenuto, a ogni rapporto di potere corrisponde un interesse all’obbedienza da parte del più debole, in quanto comportarsi in modo diverso sarebbe troppo costoso. Fa parte del potere in senso lato la possibilità di condizionare il comportamento altrui anche in assenza di azioni dirette o di comandi.
Potere legittimo o autorità: relazione in cui sono previsti diritti di dare ordini e doveri di ubbidire considerati legittimi da entrambi gli attori; relazioni di autorità sono presenti in tutti i gruppi secondari, ma anche in quelli primari. Se i soggetti cercano di cambiare i criteri di legittimazione si aprono conflitti funzionali al mantenimento di una relazione o tendenti a disgregarla.
Proprietà formali del conflitto:
- il conflitto contribuisce a mantenere e stabilire i confini del gruppo: attraverso il conflitto i soggetti acquistano consapevolezza della loro identità e particolarità;
- gruppi totalitari limitano i conflitti, ma se questi esplodono tendono a disgregare il gruppo, come è nella famiglia e nelle diadi;
- conflitti con altri gruppi aumentano la coesione interna, anche a costo di far diventare intollerante un gruppo verso i devianti talora trasformati in capri espiatori;
- il conflitto può generare nuovi tipi di interazione tra gli antagonisti: attraverso il conflitto i gruppi si confrontano e si conoscono, cosicché possono nascere regole e rapporti più cooperativi. Gruppi che tollerano conflitti al proprio interno modificando le forme di interazione hanno più possibilità di adattamento e persistenza; gruppi rigidi si disgregano all’esplosione dei conflitti stessi.
Comportamento collettivo: insieme di individui sottoposti ad uno stesso stimolo che reagiscono e interagiscono tra loro senza riferimento a ruoli definiti e stabilizzati (nel gruppo invece l’interazione è continua e si basa su aspettative di ruolo stabilizzate). Ne sono esempi:
- Panico reazione collettiva spontanea, di solito fuga, con perdita di controllo delle reazioni, comportamenti irrazionali ed egoistici a fronte di un pericolo reale o solo immaginario;
- Folla, insieme di persone riunite in un luogo che reagisce a uno stimolo sviluppando umori e atteggiamenti comuni, talora seguiti da forme di azione collettiva, violente, ma anche pacifiche e gioiose. Folla espressiva (concerto rock) è quella che esprime un sentimento in comune con comportamenti inconsueti come sfogo di tensioni sociali; folla attiva è quella in cui i sentimenti degli individui sono orientati verso l’esterno, su persone o cose definite, che diventano l’obiettivo di azioni conflittuali (dissenso politico).
Nei comportamenti collettivi la personalità sociale individuale di ruolo tende a essere sospesa, cosa da cui derivano i comportamenti disordinati, imprevedibili e irrazionali, spontanei o imitativi, che si colgono in queste occasioni.
Reti: insieme delle relazioni delle persone e dei rapporti esistenti tra queste. Sono a maglie tanto più strette quanto più si conoscono tra di loro le persone che un individuo conosce. I legami variano per intensità, durata, frequenza e contenuto. Differenza col gruppo è che le persone coinvolte in una rete possono non conoscersi tra loro e neanche sapere di farne parte. Particolare è il caso di chi appartiene a due reti collegate fra loro solo attraverso la sua persona (ragazzo tra famiglia e pari).
Gruppi organizzati: gruppi progettati per raggiungere determinati scopi limitati e basati su regolamenti chiaramente stabiliti (gruppi secondari formali), sono attori artificiali che perseguono obiettivi che le persone da sole non potrebbero raggiungere: sono le associazioni in cui si condividono i fini facendoli propri come ideali o interessi, e le organizzazioni in cui partecipare è spesso un lavoro remunerato (aziende, ospedali, ministeri) strumentale.
Associazioni: gruppi di attività volontaria dai fini più diversi: religiosi, culturali, sportivi, politici, ricreativi in cui l’adesione tende ad aumentare proporzionalmente al reddito e all’istruzione delle persone. Talora generano organizzazioni al loro interno.
Organizzazioni: la forma moderna di organizzazione è la burocrazia intesa come modello moderno di organizzazione pubblica distinta da:
- divisione stabile e specializzata dei compiti con regole standardizzate e ripetute per procedimenti simili;
- struttura gerarchica con suddivisione del potere a cascata;
- competenza specializzata per ogni posizione con adeguata preparazione preventiva;
- remunerazione in denaro pagata dall’organizzazione e non dai clienti della stessa, senza possibilità di cedere la posizione occupata.
E’ un’organizzazione razionale che si può applicare universalmente a tutti i compiti e che vede potere e controllo esercitati sulla base della conoscenza e competenza; ciononostante spesso le organizzazioni burocratiche non sono né efficaci (capacità di un’azione di raggiungere i risultati che si propone) né efficienti (dispendio di risorse impegnate per ottenere i risultati). Questo perché una organizzazione perfettamente razionalizzata è impossibile in quanto non c’è mai una soluzione unica e perfetta per ogni problema: questa incertezza porta all’esistenza di un potere discrezionale nelle mani di chi svolge il compito, potere utilizzato per contrattare una posizione di maggior favore.
Teoria delle configurazioni organizzative di Mintzberg : per ottenere una maggiore efficienza il modo di coordinamento cambia con le dimensioni dell’organizzazione, del tipo di tecnologia impiegata e della prevedibilità dell’ambiente. Tipi di configurazione possibili:
- struttura semplice: il vertice accentra tutte le funzioni di direzione e di controllo (azienda artigiana);
- burocrazia meccanica: coordinamento attraverso standardizzazione dei compiti e gerarchia, efficiente se l’ambiente è stabile;
- burocrazia funzionale: coordinamento di dipendenti formati fuori dall’organizzazione con discrezionalità nello svolgimento del lavoro;
- struttura divisionale: coordinamento ottenuto con obiettivi compatibili tra divisioni indipendenti nelle loro scelte in ambienti e tecnologie diverse;
- adhocrazia: gruppi di lavoro con compiti specifici formati da persone che si conoscono bene e che si fidano delle altrui competenze, senza strutture gerarchiche e regole precisate (compiti di alta specializzazione capaci di inventarsi procedure e regole nuove).
Nelle organizzazioni non esiste un unico modo migliore (one best way) per progettare un’organizzazione; anche al suo interno le parti diverse tendono a organizzarsi in modo diverso: efficiente sarà l’organizzazione che saprà ricomporre integrandole le forme diverse.
L’idea weberiana di burocrazia come organizzazione razionale si basa sulla definizione di azione razionale rispetto allo scopo (valutazione dei mezzi, delle conseguenze e delle alternative) e sull’imposizione di azioni razionali ai suoi attori. Simon invece teorizza una razionalità relativa, in quanto è impossibile avere una conoscenza completa e una previsione di tutte le conseguenze che discendono da una scelta, così come non si può considerare tutte le alternative. La razionalità limitata non mira a ottenere i migliori risultati possibili in astratto, ma risultati soddisfacenti possibili semplificando la realtà in modelli limitati agli aspetti rilevanti.
La razionalità limitata è la sola razionalità possibile e concretamente perseguibile in normali condizioni di incertezza. Distinguiamo:
- razionalità sinottica (weberiana) che tiene conto di tutti i dati rilevanti, predisponendo mezzi necessari ai fini in relazione ad obiettivi definiti e chiari, da attuare senza più cambiare i programmi.
- Razionalità incrementale è il caso normale dell’incertezza ambientale in cui vengono definiti degli obiettivi di massima soggetti ad aggiustamenti successivi con la possibilità di trovare in itinere mezzi e soluzioni prima non visibili.
Mannheim distingue invece tra razionalità funzionale e sostanziale:
- Funzionale è quella di chi si adatta a ordini ricevuti eseguendoli senza errori o a procedure e obiettivi stabiliti senza discuterli.
- Sostanziale è quella di chi cerca di comprendere come certi aspetti di una situazione siano collegati tra di loro interrogandosi sul loro significato e valutandoli secondo il proprio metodo di giudizio.
Lo sviluppo delle organizzazione promuove la sfera delle attività funzionalmente razionali, ma non quelle sostanzialmente razionali, spingendo al conformismo e all’incapacità di pensare in modo autonomo.
Con riferimento al senso Weber sviluppa una tipologia formale dell’azione sociale distinta in:
- Azioni razionali rispetto allo scopo: chi agisce valuta razionalmente i mezzi rispetto agli scopi che si propone, le conseguenze che possono derivarne e paragona i diversi scopi possibili e i loro rapporti.
- Azioni razionali rispetto al valore: chi agisce compie ciò che ritiene consono al dovere, alla dignità, a un principio svincolato dalle sue conseguenze, con una scelta consapevole e una valutazione di congruenza col valore in questione.
- Azioni determinate affettivamente: manifestazioni emozionali svincolate dalle conseguenze prevedibili, ma senza riferimento consapevole con l’affermazione di un valore, nascono piuttosto dall’espressione di un bisogno interno.
- Azioni tradizionali:semplici espressioni di abitudini acquisite ripetute senza pensare se esistano alternative e sul loro vero valore.
L’uomo, fino a prova contraria, si comporta in modo razionale in base alle sue risorse materiali e culturali.
Teorema di Thomas: una situazione definita dagli attori come reale, diventa reale nelle sue conseguenze.
Considerando due o più attori le unità elementari dell’azione sociale sono le interazioni e le relazioni sociali.

Interazione sociale: processo secondo il quale più persone in relazione tra loro agiscono in sequenza, reagendo alle azioni degli altri; con l’interazione si realizza, si riproduce e si cambia nel tempo il contenuto di una relazione.
Gruppo sociale: insieme di persone fra loro in interazione con continuità secondo schemi relativamente stabili, che si definiscono - e sono definiti come tali da altri – membri del gruppo. Non sono gruppi né le categorie sociali (giovani, immigrati) né le classi sociali (borghesi, operai), anche se questa appartenenza può essere la base per la formazione di un gruppo.
Esistono proprietà formali che riguardano l’interazione stabile e continuativa di più persone, quale che sia il contenuto di tale interazione. Questa può essere diretta, vis a vi, tipica di piccoli gruppi in cui la presenza fisica permette una comunicazione veloce ed elastica, oppure indiretta, più precisa, ma più lenta, fredda e rigida.
Diade è un gruppo di due persone che scompare se uno manca, è molto coinvolgente e non

Triade è un gruppo di tre persone in cui il terzo può essere un mediatore (che porta ad un accordo), un tertium gaudens (che approfitta delle divergenze altrui), un divisore (che intenzionalmente fa sorgere divergenze a proprio vantaggio).
Gruppi formali: insiemi che prevedono regole precise sui requisiti e procedure per l’ammissione e la permanenza.
Gruppo di riferimento: insieme al quale una persona non partecipa, ma di cui condivide fini e regole e a cui ambisce di partecipare.
Ruolo: insieme dei comportamenti prevedibili e attesi che in un gruppo tipicamente ci si aspetta da una persona che del gruppo fa parte. Specifico è un ruolo che riguarda un insieme di comportamenti limitato e precisato; diffuso un ruolo in cui i comportamenti attesi sono un insieme più ampio e meno definito.
Gruppo totalitario: insieme che impegna il comportamento di tutti o quasi i ruoli di un individuo; gruppo segmentale è invece quello che impegna solo uno o alcuni dei ruoli.
Gruppo primario: insieme di piccole dimensioni, con ruoli diffusi, contenuti affettivi molto personalizzati (famiglia).
Gruppo secondario: insieme di grandi dimensioni, con ruoli specifici, relazioni più fredde e specializzate (azienda).
Il ruolo è uno schema di comportamento che si impara e si tende a seguire; è uno schema per l’interazione, ma il contenuto di un’interazione non si può spiegare completamente nella definizione di un ruolo. Un ruolo è sempre interpretato da chi interagisce, c’è uno spazio discrezionale per comportamenti informali non previsti.
Norme sociali: regole di comportamento che ci si aspetta che siano seguite in determinate situazioni; possono essere giuridiche, emanate da autorità ufficiali e garantite dal potere giudiziario, sociali (spesso implicite) che possono generare reazioni positive o sanzioni più o meno forti secondo il loro valore, tecniche procedure semplici senza sanzioni, deontologiche legate a gruppi ristretti come gli ordini professionali.
Valori: sono orientamenti più astratti da cui discendono le norme stesse, riguardano i fini ultimi dell’azione relativi a ciò che riteniamo giusto, desiderabile, appropriato; indicano un dover essere al di là dell’essere, una tensione verso uno stato di cose ideale.
Valore universale è un valore condiviso tra gruppi diversi, cosa che non garantisce che venga interpretato in maniera conflittuale.
Valori e norme sono vincoli alla libertà, ma definiscono il campo delle opzioni tra le quali gli individui sono liberi di scegliere; l’assenza di norme o anomia porta alla perdita di punti di riferimento e induce disgregazione sociale con comportamenti sregolati.
Istituzioni: modelli di comportamento che in una determinata società sono dotati di cogenza normativa; ogni modello di comportamento può essere istituzionalizzato, se sorretto da un sistema di regole, e il suo grado può cambiare nel tempo.
La cultura, di cui norme, valori e istituzioni costituiscono il nucleo centrale, comprende gli artefatti, i beni, i processi tecnici, le idee, le abitudini e i valori che vengono trasmessi socialmente. E’ l’insieme di informazioni trasmesse mediante processi di apprendimento

Potere: energia sociale di cui un attore dispone nel condizionare l’azione di un altro, è un fenomeno di relazione per ambiti di comportamento più o meno estesi. Per Weber è la possibilità di trovare obbedienza a un comando che abbia un determinato contenuto, a ogni rapporto di potere corrisponde un interesse all’obbedienza da parte del più debole, in quanto comportarsi in modo diverso sarebbe troppo costoso. Fa parte del potere in senso lato la possibilità di condizionare il comportamento altrui anche in assenza di azioni dirette o di comandi.
Potere legittimo o autorità: relazione in cui sono previsti diritti di dare ordini e doveri di ubbidire considerati legittimi da entrambi gli attori; relazioni di autorità sono presenti in tutti i gruppi secondari, ma anche in quelli primari. Se i soggetti cercano di cambiare i criteri di legittimazione si aprono conflitti funzionali al mantenimento di una relazione o tendenti a disgregarla.
Proprietà formali del conflitto:
- il conflitto contribuisce a mantenere e stabilire i confini del gruppo: attraverso il conflitto i soggetti acquistano consapevolezza della loro identità e particolarità;
- gruppi totalitari limitano i conflitti, ma se questi esplodono tendono a disgregare il gruppo, come è nella famiglia e nelle diadi;
- conflitti con altri gruppi aumentano la coesione interna, anche a costo di far diventare intollerante un gruppo verso i devianti talora trasformati in capri espiatori;
- il conflitto può generare nuovi tipi di interazione tra gli antagonisti: attraverso il conflitto i gruppi si confrontano e si conoscono, cosicché possono nascere regole e rapporti più cooperativi. Gruppi che tollerano conflitti al proprio interno modificando le forme di interazione hanno più possibilità di adattamento e persistenza; gruppi rigidi si disgregano all’esplosione dei conflitti stessi.
Comportamento collettivo: insieme di individui sottoposti ad uno stesso stimolo che reagiscono e interagiscono tra loro senza riferimento a ruoli definiti e stabilizzati (nel gruppo invece l’interazione è continua e si basa su aspettative di ruolo stabilizzate). Ne sono esempi:
- Panico reazione collettiva spontanea, di solito fuga, con perdita di controllo delle reazioni, comportamenti irrazionali ed egoistici a fronte di un pericolo reale o solo immaginario;
- Folla, insieme di persone riunite in un luogo che reagisce a uno stimolo sviluppando umori e atteggiamenti comuni, talora seguiti da forme di azione collettiva, violente, ma anche pacifiche e gioiose. Folla espressiva (concerto rock) è quella che esprime un sentimento in comune con comportamenti inconsueti come sfogo di tensioni sociali; folla attiva è quella in cui i sentimenti degli individui sono orientati verso l’esterno, su persone o cose definite, che diventano l’obiettivo di azioni conflittuali (dissenso politico).
Nei comportamenti collettivi la personalità sociale individuale di ruolo tende a essere sospesa, cosa da cui derivano i comportamenti disordinati, imprevedibili e irrazionali, spontanei o imitativi, che si colgono in queste occasioni.
Reti: insieme delle relazioni delle persone e dei rapporti esistenti tra queste. Sono a maglie tanto più strette quanto più si conoscono tra di loro le persone che un individuo conosce. I legami variano per intensità, durata, frequenza e contenuto. Differenza col gruppo è che le persone coinvolte in una rete possono non conoscersi tra loro e neanche sapere di farne parte. Particolare è il caso di chi appartiene a due reti collegate fra loro solo attraverso la sua persona (ragazzo tra famiglia e pari).
Gruppi organizzati: gruppi progettati per raggiungere determinati scopi limitati e basati su regolamenti chiaramente stabiliti (gruppi secondari formali), sono attori artificiali che perseguono obiettivi che le persone da sole non potrebbero raggiungere: sono le associazioni in cui si condividono i fini facendoli propri come ideali o interessi, e le organizzazioni in cui partecipare è spesso un lavoro remunerato (aziende, ospedali, ministeri) strumentale.
Associazioni: gruppi di attività volontaria dai fini più diversi: religiosi, culturali, sportivi, politici, ricreativi in cui l’adesione tende ad aumentare proporzionalmente al reddito e all’istruzione delle persone. Talora generano organizzazioni al loro interno.
Organizzazioni: la forma moderna di organizzazione è la burocrazia intesa come modello moderno di organizzazione pubblica distinta da:
- divisione stabile e specializzata dei compiti con regole standardizzate e ripetute per procedimenti simili;
- struttura gerarchica con suddivisione del potere a cascata;
- competenza specializzata per ogni posizione con adeguata preparazione preventiva;
- remunerazione in denaro pagata dall’organizzazione e non dai clienti della stessa, senza possibilità di cedere la posizione occupata.
E’ un’organizzazione razionale che si può applicare universalmente a tutti i compiti e che vede potere e controllo esercitati sulla base della conoscenza e competenza; ciononostante spesso le organizzazioni burocratiche non sono né efficaci (capacità di un’azione di raggiungere i risultati che si propone) né efficienti (dispendio di risorse impegnate per ottenere i risultati). Questo perché una organizzazione perfettamente razionalizzata è impossibile in quanto non c’è mai una soluzione unica e perfetta per ogni problema: questa incertezza porta all’esistenza di un potere discrezionale nelle mani di chi svolge il compito, potere utilizzato per contrattare una posizione di maggior favore.
Teoria delle configurazioni organizzative di Mintzberg : per ottenere una maggiore efficienza il modo di coordinamento cambia con le dimensioni dell’organizzazione, del tipo di tecnologia impiegata e della prevedibilità dell’ambiente. Tipi di configurazione possibili:
- struttura semplice: il vertice accentra tutte le funzioni di direzione e di controllo (azienda artigiana);
- burocrazia meccanica: coordinamento attraverso standardizzazione dei compiti e gerarchia, efficiente se l’ambiente è stabile;
- burocrazia funzionale: coordinamento di dipendenti formati fuori dall’organizzazione con discrezionalità nello svolgimento del lavoro;
- struttura divisionale: coordinamento ottenuto con obiettivi compatibili tra divisioni indipendenti nelle loro scelte in ambienti e tecnologie diverse;
- adhocrazia: gruppi di lavoro con compiti specifici formati da persone che si conoscono bene e che si fidano delle altrui competenze, senza strutture gerarchiche e regole precisate (compiti di alta specializzazione capaci di inventarsi procedure e regole nuove).
Nelle organizzazioni non esiste un unico modo migliore (one best way) per progettare un’organizzazione; anche al suo interno le parti diverse tendono a organizzarsi in modo diverso: efficiente sarà l’organizzazione che saprà ricomporre integrandole le forme diverse.
L’idea weberiana di burocrazia come organizzazione razionale si basa sulla definizione di azione razionale rispetto allo scopo (valutazione dei mezzi, delle conseguenze e delle alternative) e sull’imposizione di azioni razionali ai suoi attori. Simon invece teorizza una razionalità relativa, in quanto è impossibile avere una conoscenza completa e una previsione di tutte le conseguenze che discendono da una scelta, così come non si può considerare tutte le alternative. La razionalità limitata non mira a ottenere i migliori risultati possibili in astratto, ma risultati soddisfacenti possibili semplificando la realtà in modelli limitati agli aspetti rilevanti.
La razionalità limitata è la sola razionalità possibile e concretamente perseguibile in normali condizioni di incertezza. Distinguiamo:
- razionalità sinottica (weberiana) che tiene conto di tutti i dati rilevanti, predisponendo mezzi necessari ai fini in relazione ad obiettivi definiti e chiari, da attuare senza più cambiare i programmi.
- Razionalità incrementale è il caso normale dell’incertezza ambientale in cui vengono definiti degli obiettivi di massima soggetti ad aggiustamenti successivi con la possibilità di trovare in itinere mezzi e soluzioni prima non visibili.
Mannheim distingue invece tra razionalità funzionale e sostanziale:
- Funzionale è quella di chi si adatta a ordini ricevuti eseguendoli senza errori o a procedure e obiettivi stabiliti senza discuterli.
- Sostanziale è quella di chi cerca di comprendere come certi aspetti di una situazione siano collegati tra di loro interrogandosi sul loro significato e valutandoli secondo il proprio metodo di giudizio.
Lo sviluppo delle organizzazione promuove la sfera delle attività funzionalmente razionali, ma non quelle sostanzialmente razionali, spingendo al conformismo e all’incapacità di pensare in modo autonomo.

Il conflitto è un rapporto di potere tra un maggiore (che si trova in posizione di vantaggio) e un minore (che chiede di essere riconosciuto).
Lo scopo della risoluzione del conflitto non deve essere quello di annientare gli avversari, bensì quello di creare anche per loro un posto di uguale valore.Il presupposto per un dialogo autentico è l’equilibrio di potere che deve essere creato con adeguati mezzi non violenti. La propria verità non deve essere imposta come assoluta. Le proprie posizioni devono poter essere messe in discussione criticamente e si deve cercare la verità dell’altra parte.
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